Renzo Bergamo nasce a Portogruaro nel 1934 ed espone i suoi primi disegni a soli 13 anni. Rimasto orfano durante la prima adolescenza, conosce lo scrittore Giovanni Comisso, con il quale si crea un rapporto quasi filiale. Nel corso degli anni Cinquanta, determinanti per la sua formazione, a Treviso Bergamo conosce e frequenta gli intellettuali di quel “Veneto felice” descritto da Comisso, come Andrea Zanzotto, Pier Paolo Pasolini, Mario Soldati e il musicista Gian Francesco Malipiero.

Dopo aver vissuto e lavorato, sempre da autodidatta, a Parigi e a Zurigo, nel 1960 si stabilisce a Milano, dove Comisso lo introduce a esponenti del mondo culturale come Giorgio Strehler e Bruno Munari. Vive e lavora in via Madonnina, a
 due passi da quel Bar Giamaica dove con gli amici artisti Lucio Fontana, Piero Manzoni, Gianni Dova ed Emilio Scanavino si disserta sulle forme del concettuale nell’Arte.

In questi anni la sua pittura si orienta verso la ricerca che diventerà la sua costante intellettuale: affascinato dalle scienze e dalla matematica, Renzo Bergamo definisce un mondo che anticipa immagini e concetti dinamici come le esplosioni cosmiche, gli scontri tra particelle, le trasformazioni della materia, la genesi delle galassie, la forma delle cellule…






Nel 1965, insieme ad altri artisti, si reca a New York per una collettiva voluta dal comune di Milano e patrocinata dal Ministero degli Esteri, finalizzata a far conoscere oltreoceano l’Avanguardia Italiana. Agli inizi degli anni ’70, con altri artisti e intellettuali partecipa alla formazione di un movimento che prenderà il nome di Astrarte, dove si discute sul rapporto tra Arte e Scienza. Il gruppo viene presentato nel 1979 in una mostra dedicata alle avanguardie del Novecento: Futurismo - Spazialismo – Astrarte. L’anno successivo, Bergamo sente la necessità di staccarsi dal gruppo e matura l’idea che esporre sia divenuta un’operazione puramente commerciale; si ritira così definitivamente dal circuito pubblico.
Agli inizi degli anni '80, cinquantenne, si trasferisce in Sardegna, dove prosegue la sua sperimentazione pittorica in un contesto ambientale ricco di natura, di colori forti e di luce. Qui sperimenta una serie di opere sul tema del caos, indagando il colore che sta dietro e dentro la materia. Scrive ed esegue al pianoforte musiche che tradurrà in immagini, in estrema libertà, dedicandosi a quella che chiama la ricerca di una "sincerità di pensiero” esente da contaminazioni.

La sua pittura è impossibile da imprigionare: passa dall’acquarello alla china, dall’acrilico all’olio, mescolando materiali e tecniche assieme, pur prediligendo l’uso del pastello. Sperimenta 
in continuazione, attingendo da qualsiasi cosa e in particolare da un’attenta osservazione di quello che lo circonda, sempre alla ricerca continua dell’essenza delle cose.

Nel 2000 inizia una nuova ricerca pittorica in cui sperimenta una sorta di linguaggio fatto di segni e s’interessa 
al fenomeno della radioattività, che vorrebbe tradurre in progetti artistici.


Il 10 maggio 2004 muore improvvisamente. Soltanto pochi giorni prima, a una giovane artista che gli chiedeva consiglio sull’Arte di fare Arte, aveva risposto: “Per fare l’artista ci vuole grande amore, grande forza di volontà, grande coraggio e sincerità. L’Arte insegna il coraggio di osare.”